La Guerra Fredda

L'Europa divisa
La "guerra fredda", termine utilizzato per la prima volta dal giornalista americano Walter Lippman nel 1947, rappresenta il periodo del secondo dopoguerra caratterizzato dall'antagonismo di potere tra Stati Uniti e Unione Sovietica, le due superpotenze mondiali. 

Nell'analisi del secondo dopoguerra, abbiamo individuato il periodo più teso e acceso della guerra fredda, come quello che va dal 1945 al 1956, anno in cui il segretario del PCUS Nikita Kruscev diede l'avvio a quel complesso e tortuoso processo della "Distensione".
Precedentemente alla seconda guerra mondiale non vi erano stati scontri tra i due stati per vari motivi: primo, perché a difendere gli interessi economici degli isolazionisti Yankees vi erano Stati come la Gran Bretagna e gli stessi regimi fascista e nazista, secondo, l'URSS non era ancora uno stato militarmente forte e non aveva nessun appoggio dall’esterno.  Ora però, la situazione stava cambiando.  La vecchia Europa non era in grado di dare segni di vita, era giunta alla fine della guerra allo stremo delle forze.
Non solo, ma nel 1945, vi era tra i dirigenti sovietici e Stalin la convinzione che il conflitto col mondo capitalistico fosse alle porte, e che la seconda guerra mondiale fosse stata una parentesi.
Il possesso della bomba atomica da parte americana poi, alimentava un senso di disagio e di timore di un'aggressione statunitense all'Unione Sovietica.  L'URSS mantenne schierate le sue truppe nell'Europa dell'Est anche dopo la fine della guerra per paura di un attacco: l'Europa era l'ostaggio contro la minaccia atomica.
L'URSS cercò di crearsi una sorta di cordone protettivo ("Cortina di ferro", la definirà W. Churchill).
Sull'avanzata sovietica in Europa e sul perdurare del suo esercito ad Est, gli americani basarono la loro politica della dottrina Truman e del "Contenimento" dell'espansione delle ideologie di sinistra.  Truman prese chiaramente l'impegno di difendere i popoli liberi dalla minaccia armata e rivoluzionaria sovietica.
Questo clima pesante tra i due blocchi, mise in evidenza i limiti della Conferenza di Yalta, emersi tra l'altro già in quella di Potsdam.
La Conferenza di Yalta, tenutasi a Febbraio del 1945 e i cui impegni furono poi confermati a Potsdam, era servita, di fatto, a porre le basi del nuovo ordine geopolitico dell'Europa.  Il mondo fu diviso in due sfere d'influenza, in due blocchi contrapposti i quali però, secondo l'allora Presidente americano Roosvelt, non avrebbero dovuto smettere di collaborare.  Così invece successe: L'Unione Sovietica e gli Stati Uniti si trovarono d’accordo soltanto quando si trattò di ridurre l'Europa a un continente sottomesso e d'appoggio.  


L’ONU.


Uno degli elementi più chiari che mostrano la grave crisi internazionale del dopoguerra, è rappresentato dal semi-fallimento dell’ONU (organizzazione delle nazioni unite).
Già la Carta Atlantica siglata nel 1941 tra Roosevelt e Churchill aveva tenuto a riproporre i principi della vecchia Società delle Nazioni, quali il diritto all’autodeterminazione dei popoli e l’inutilità dell’uso della forza per risolvere le controversie internazionali.
Nel 1942 i paesi alleati si erano per la prima volta definiti “Nazioni Unite”.  Persino Stalin era favorevole ad una maggiore cooperazione internazionale, giungendo a sciogliere nel 1943 la Terza Internazionale per convincere gli Alleati della sua disponibilità a dialogare.
Con la Conferenza di San Francisco dell’aprile 1945, nacquero ufficialmente le Nazioni Unite. Queste avrebbero dovuto riunire tutte le Nazioni della terra, garantendo ad ognuna gli stessi diritti e in pratica, i principi che le Nazioni Unite avrebbero dovuto seguire erano quelli Wilsoniani della SdN (Società delle Nazioni).
La Conferenza di Yalta, e ancora di più quella di Potsdam, aveva obbedito però a una logica ben diversa da quella del progetto ONU.
Il meccanismo su cui si fondarono le Nazioni Unite risentì, infatti, della situazione che si stava delineando: le cinque potenze vincitrici della guerra divennero membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU, il suo organo principale, ciascuno con il diritto di veto.
L’ONU diventò in breve un oligopolio in cui USA e URSS predominavano al punto di poter bloccare decisioni risolutive delle varie tensioni internazionali solo per ostacolarsi a vicenda.  Non solo, il loro strapotere porterà spesso l’ONU a ignorare i popoli e le zone della terra più bisognose,  quelle dove i principi di aiuto e cooperazione internazionale avrebbero dovuto trovare applicazione.


Il piano Marshall. 
"Via libera al piano Marshall", manifesto propagandistico tedesco.
Alla fine della guerra l’Europa era ridotta a un cumulo di macerie e sembrava veramente difficile prevederne una sua rinascita autonoma.
Ciò fece scattare dalla parte Americana un decisivo intervento economico,  che non consiste però in qualcosa come i primi finanziamenti dell’immediato dopoguerra ma un vero e proprio progetto per la ricostruzione europea.
Ovviamente in quest'enorme progetto,  chiamato PIANO MARSHALL dal nome del segretario di stato americano che lo propose,  troviamo i riflessi della crisi internazionale.
Gli americani avevano, infatti, tre motivi per attivare il Piano Marshall:  prima di tutto secondo la “dottrina Truman” del contenimento dell’espansionismo sovietico,  si doveva cercare di eliminare il malcontento e la fame in Europa,  due elementi che potevano favorire l’avvento del comunismo.
Secondo, bisognava che il blocco occidentale diventasse compatto e forte attorno all’alleato (o al padrone) americano.
Terzo motivo per finanziare l’Europa era l’interesse americano a non arrestare il vasto sviluppo industriale che il loro paese aveva avuto durante le guerra.  Il fatto è dimostrato dall’investimento dei soldi del Piano Marshall nell’acquisto di   prodotti americani;  ciò evitò una possibile recensione economica.
Il Piano Marshall da principio non voleva escludere ne l’URSS e tanto meno l’Europa Orientale.
Ma l’Unione Sovietica temeva che un “vendersi” per fame all’occidente avrebbe determinato una crescita del dissenso verso il regime di terrore instaurato nei paesi dell’Est e una perdita  dell’identità ideologica del paese, agli antipodi delle dottrine capitalistiche.   Stalin si oppose all’adesione al Piano Marshall.  Per tutta risposta istituì,  nel 1947 il kominform (l’ufficio d’informazione dei partiti comunisti) i quali dovevano riferire a Mosca sulle situazioni dei loro paesi;  nel 1949 nacque il Comecon,  un’alleanza di mutua assistenza economica tra i paesi dell’Est,  le così dette “democrazie popolari”.
Così,  mentre il Piano Marshall favoriva ad ovest la ricostruzione dell’Europa e la lenta nascita di veri stati,  liberi e democratici,  ad est la repressione di qualsiasi forma di apertura verso l’occidente faceva retrocedere l’Europa Orientale verso la glaciazione.
Vennero imposti i partiti unici e le elezioni vennero sempre rigidamente controllate,  si instaurò un regime poliziesco.  Questa fu la divisione dell’Europa.

Le strategie militari: la NATO e il Patto di Varsavia.

Uno dei problemi e dell’eredità della seconda guerra mondiale fu la questione del riarmo.  La strana logica della divisione in blocchi fece si che la sopravvivenza e la sicurezza di ognuno di essi fosse garantita soltanto da un armamento militare superiore all’altro.  A causa di questo,  iniziò una pesante militarizzazione,  che comportò dal principio enormi spese economiche.
Non solo,  ma da quando gli Americani persero il monopolio della bomba atomica nel 1949,  iniziò una crescita delle spese destinate agli armamenti nucleari,  che misero in pericolo il pianeta più di una volta.
Evidente simbolo della nuova militarizzazione è la creazione della NATO (Patto dell’Atlantico del Nord,  stipulato tra Europa Occidentale,  USA e Canada),  e il suo equivalente Orientale,  il Patto di Varsavia.
Tutte e due queste alleanze erano di tipo difensivo e miravano,  nelle loro intenzioni,  ad aumentare e rendere più salda la cooperazione economico-militare tra gli stati membri.
Avevano però radici e motivi diversi.
La NATO nacque nel 1949,  sempre come conseguenza della Dottrina Truman,  ma anche perché si temeva che le truppe dell’Armata Rossa,  sempre presenti in Europa Orientale,  potessero dilagare da un momento all’altro oltre la “Cortina di Ferro”.  Un’Europa in cui il comunismo era visto come un incubo,  specialmente nella rovinosa situazione europea del dopoguerra,  rese necessaria questa alleanza con gli Stati Uniti.  Questi ultimi raggiunsero così molteplici obiettivi,  tra i quali un maggiore controllo dell’area europea e un ulteriore mercato per le proprie industrie militari.
L’Europa,  non ancora in grado di sostenere la propria difesa,  dovette per forza di cose stipulare il patto.  La NATO servì inoltre come deterrente verso possibili exploits rivoluzionari in Occidente.
A Est,  l’URSS impose nel 1955 il Patto di Varsavia,  che più che dalla paura di un’aggressione statunitense,  era motivato dall’interesse sovietico di rafforzare le proprie posizioni negli Stati Satellite. 
Al di là delle alleanze militari,  venne nascendo una sorta di equilibrio del terrore tra Est e Ovest,  dovuto all’aumento delle spese nelle armi nucleari.  Tutto questo fu incoraggiato da un’Europa stremata e da una radicale divergenza tra le diverse ideologie degli Americani e dei Russi.  L’ONU non poté fare altro che assistere impotente alla corsa agli armamenti.
Comunque,  e da sottolineare come da questo equilibrio del terrore scaturiranno i presupposti della coesistenza.  Una guerra nucleare non avrebbe certo apportato a nessuno dei belligeranti dei vantaggi politici e finanziari.

La guerra di Corea (1950/1953).

La guerra di Corea simboleggia,  nella sua durezza,  uno degli episodi più crudi,  cinici e significativi della Guerra Fredda e della divisione tra Est ed Ovest.
Al termine del secondo conflitto mondiale,  gli Alleati avevano stabilito che il 38° parallelo dovesse separare temporaneamente la Corea in due Stati,  uno filo-sovietico a Nord e uno filo-americano a Sud.
Con l’intensificarsi della crisi internazionale,  nel 1950,  la Corea del Nord invase la Corea del Sud.  L’ONU,  il cui consiglio di sicurezza era in quel periodo disertato dall’URSS (che avrebbe voluto l’inclusione alle Nazioni Unite della Cina Popolare e non della Cina di Taiwan),  autorizzò gli Americani a intervenire.
Furono necessari tre anni di guerra sanguinosa per restituire il confine al 38° parallelo;  da questo conflitto emerse inevitabilmente la paradossalità e l’irreversibilità che andava assumendo la Guerra Fredda.  Mise in luce come uno Stato non potesse gettare liberamente le basi del proprio destino,  per consentire a una delle due Super Potenze di accrescere maggiormente la propria ricchezza e il proprio potere.  Era la negazione della Carta dei Diritti dell’ONU e la testimonianza del fallimento del processo di pace all’indomani della seconda guerra mondiale.


Il 1956:  l’avvio della “”Distensione”

La morte di Stalin in URSS nel 1953 avviò una nuova fase della Guerra Fredda.
Il primo successore di Stalin,  Malenkov,  iniziò a riparlare di coesistenza pacifica tra i due blocchi.  L’erede dell’avvio di stagione del dopo Stalin,  divenne nel 1956 Nikita Kruscev.  Innanzitutto in Russia si aprirono,  per la prima volta dopo dieci anni,  nuovi contatti col mondo Occidentale.  Questo stava già ad indicare un sintomo di apertura.
Nel 1956 poi,  all’apertura del 20° Congresso del PCUS,  Kruscev denunciò i crimini e le atrocità  dell’era Stalin e protese la mano agli Americani per poter rilanciare il dialogo,  enunciando nuovamente la teoria della Coesistenza Pacifica e della Distensione,  invitando i rappresentanti delle forze di Sinistra in Occidente a lavorare democraticamente per la conquista del potere,  dimenticandosi dunque qualsiasi scelta rivoluzionaria.
I fattori che hanno provocato l’avvio della Distensione sono vari.  Prima di tutto si comprese che l’inasprimento della tensione internazionale avrebbe avuto un effetto controproducente;  una guerra tra capitalismo e comunismo diveniva dunque improponibile,  perché avrebbe portato alla distruzione sia degli uni che degli altri.
In secondo luogo l’Unione Sovietica stava iniziando a comprendere come l’eccessiva predominanza delle spese per l’industria pesante e per gli armamenti,  stesse privando la popolazione dei più elementari beni di consumo.  Si delineava così l’alternativa alla Guerra Fredda,  ossia una sorta di coesistenza economica competitiva.
Terzo,  la stabilità ormai acquisita dai due blocchi era ormai soltanto da preservare per il futuro.  Kruscev capì che da un cambiamento in questa direzione,  l’URSS aveva soltanto da guadagnarci.  Cercò,  con la sua nuova linea politica e diplomatica di cambiare in meglio anche le condizioni di vita della popolazione,  guadagnando stima e ammirazione in Occidente per la grande svolta che teorizzava.
La Distensione rappresentò questo,  ossia un nuovo modo di porsi di fronte all’antagonista Americano.  La coesistenza pacifica consistette nel tentativo di spostare la competizione dall’incremento degli arsenali militari allo sviluppo tecnologico (vedi la luna e la conquista dello spazio) ed economico.

SINTESI DEL DOPO “56

L’equilibrio del terrore e la stabilizzazione interna dei due blocchi favorirono l’avvio della distensione. Questo non significa che non mancarono attimi di grande tensione; già dal 1956, con la repressione della rivolta scoppiata contro il regime sovietico, si comprese come il mondo fosse lontano dalla pace.
Nel 1962, per la presenza di missili sovietici a Cuba (vicina alle coste statunitensi), ricomparve in tutta la sua durezza l’incubo della guerra nucleare.
Comunque la distensione inaugurò un nuovo periodo della storia del dopoguerra. Fattori rilevanti sono stati il lento declino del bipolarismo e la crescita, nel Terzo Mondo, dei paesi non allineati.
Il lento declino del bipolarismo si può spiegare con il decollo economico dell’Europa e del Giappone, che da aree depresse tornarono aree di forte sviluppo economico; la nascita della CEE (Comunità Economica Europea), escludeva nei suoi principi l’inclusione degli americani o dei russi. Altri elementi a sfavore del bipolarismo sono stati la perdita del duopolio dell’energia atomica e della bomba H; l’emergere della Cina come polo di rilevante peso economico e politico, aspramente critico, dagli anni “70, dell’Unione Sovietica; la crescita di forti movimenti nazionalistici in paesi come la Francia di De Grulle. Questi eventi testimoniano come stesse diventando stretto al mondo il pesante giogo dei due padroni.
Nel Terzo Mondo, nonostante fosse molto pressante l’influsso ideologico ed economico dei due blocchi, ci furono vari tentativi di conquistare una reale indipendenza.
L’insofferenza dei paesi di religione islamica alla politica estera americana e russa, determino forti chiusure in questi stati, gettando le basi del terrorismo come rifiuto dell’Occidentalizzazione e Sovietizzazione.
In Africa, la costante instabilità dei governi dei paesi ex-coloniali (finanziata e voluta dal Primo Mondo per interessi economici e politici), non fece mancare testimonianze come quella di Patrice Lumumba, che voleva inaugurare una via di sviluppo alternativa a quella proposta dalle due superpotenze. Lumumba venne ucciso dai guerriglieri assoldati da una compagnia mineraria belga, nel 1961.
La distensione rallentò con l’inizio dell’era Breznev in URSS.  Egli fece tornare il paese in un clima da stalinismo, pur non chiudendo i rapporti diplomatici con gli occidentali. Il clima si riappesantì, e fu allora che prese piede la contestazione giovanile contro i valori propugnati dai due blocchi. Di questi anni sono le proteste contro la guerra americana in Vietnam (fino al 1975) e la rivolta contro il regime comunista in Cecoslovacchia (la primavera di Praga del 1968).
Il principio della conservazione dell’equilibrio e del mantenimento del controllo della situazione internazionale si mise luce in modo particolare nel 1979, quando l’invasione sovietica dell'Afganistan, che non trovò una reale opposizione internazionale.
L’avvento di Gorbacev in URSS nel 1985, iniziò a porre i presupposti del crollo dell’era dei blocchi. Egli perseguì una politica del “disgelo” nei confronti dell’antagonista americano, inaugurando realmente l’era del disarmo e concedendo sempre maggiore autonomia ai paesi del blocco orientale. La “Perestrojca”,  la ristrutturazione,  portò però al crollo l’impero sovietico,  chiudendo la guerra fredda.
Gli americani avevano vinto la sfida sotto ogni profilo;  con il crollo del muro di Berlino nel 1989,  fu gettata la prima pietra per l’avvento di una nuova era.